Abbiamo intervistato per voi Naufraghi una delle rivelazioni del Reggae: Fido Guido.
Mr.Robinson: Siamo felicissimi di averti qui nell’Isola di Mr.Robinson perché spesso mettiamo le tue canzoni del tuo ultimo lavoro “Terra di conquista” e le usiamo per aprire il programma e per far sentire i Naufraghi (i nostri ascoltatori) in una vera e propria isola caraibica.
Fido Guido: Ne sono veramente onorato, mi fa un grande piacere perché è stato un disco che ha richiesto un sacco di lavoro e adesso con fatica, visto che sono diventato papà, da qualche mese sto cercando di mettere in piedi il prossimo lavoro, comunque sia significa che “terra di conquista” ha lasciato un buon segno.
MR: Benissimo, tanti auguri perché abbiamo un nuovo “Guidino”, come si chiama tuo figlio?
FG: Si chiama Mariella.
MR: Ah, Mariella una figlia allora. Diamo anche a lei il benvenuto nell’Isola di Mr.Robinson.
FG: Mariella mi sta dando un sacco di nuove ispirazioni anche perché dopo che diventi papà guardi molte cose le con occhi leggermente differenti, tante spinte vengono proprio dai bambini, sono convinto di questo.
MR: Allora aspettiamo il nuovo brano dedicato a tua figlia. Tu sei di Taranto giusto?
FG: Sì, esatto.
MR: Anche tu usi il dialetto come l’hanno usato nel Reggae i “Pitura Freska”, i “Sud Sound System” e tanti altri. Scrivi anche testi in italiano? Parlaci un po’ di questa scelta.
FG: Veramente cerco di buttar giù qualcosa in italiano anche se mi riesce più facile e più spontaneo scrivere in dialetto. La scelta di usare il dialetto è nata molto spontaneamente: come da voi, fra la gente della propria città, anche da me si parla quasi sempre dialetto specialmente tra amici. Scrivere canzoni in dialetto ti dà la possibilità di essere compreso all’istante da chi abita di fronte alla porta di casa tua. Secondo me, questa è la cosa che uno deve cercare di portare avanti: bisogna cercare di essere il più comprensivo possibile, almeno nel posto in cui abiti. Magari con tanti anni di lavoro, come hanno fatto i “Sud Sound System”, il dialetto diventa una “lingua”, molta gente si incuriosisce, va a spulciare i testi. Una cosa fondamentale, quando canti in dialetto, è mettere le traduzioni affiancate ai testi nei book dei dischi, perché se vuoi lasciare qualcosa anche alla gente che non sa il tuo dialetto devi quantomeno dare una spiegazione, come si faceva nei dischi di vinile tanti anni fa.
MR: Per chi non ti conosce: di cosa trattano i tuoi testi?
FG: Nel primo disco ci sono molte canzoni cantate sulle version giamaicane mentre sul secondo è stato fatto un lavoro molto più lungo: mi sono dedicato parecchio alle basi e al resto. I testi parlano esattamente delle cose di tutti i giorni visti dagli occhi di un ragazzo che ha un forte senso di coscienza per tutto ciò che ha attorno a partire dai problemi ambientali (nel posto in cui vivo viene distrutto l’ambiente, mi riferisco alle industrie, qui a Taranto l’ILVA che è il centro siderurgico di acciaio più grosso d’Europa che produce il 9% della diossina di tutta Europa) per arrivare alla disoccupazione che si vive qui. Ma anche di cose belle come il mare che abbiamo, il sole… Molti mi rimproverano il fatto che non faccio tante canzoni allegre, in stile Dancehall, però ho molte cose da dire per ciò che riguarda il mio territorio. Ho tanta voglia di comunicare alla gente quello che si vive qui.
MR: Infatti Ilario Galati scrive: “Fido Guido è portatore di ‘buone vibrazioni’, senza che però questo passi necessariamente per il politicamente corretto o l’edulcorato, a cominciare dall’intro nel quale Guido grida tutta la sua rabbia contro l’occupazione del territorio da parte della Marina Militare e della N.A.T.O. [...]”
FG: Certo, l’ 80% della costa tarantina è occupata da vaste aree da parte della Marina Militare e adesso c’è anche la N.A.T.O. . Chi viveva di pesca non può più vivere di questa attività. Per cui l’intro di quel disco è una denuncia al fatto che Taranto è una città di pescatori e i pescatori ora non esistono quasi più perché non c’è più niente da pescare. Ho dato un bollettino tragico però purtroppo è così. Comunque la musica dà la possibilità di portare messaggi ovunque e sono convinto che molte coscienze cambino ascoltando i dischi, soprattutto i ragazzini che ascoltano molta musica, poi quando c’è un messaggio che li riguarda… insomma secondo me la musica fa tantissimo, molto più di tanti volantini, molto più di tante assemblee, ho cercato di farlo capire il più possibile all’interno di “Terra di conquista”.
MR: Come mai hai intitolato il tuo album “Terra di conquista”?
FG: “Terra di conquista”perché questa città da tanto tempo, come il sud in generale, viene presa di mira da imprenditori sciacalli o da speculazioni dello stato come per esempio l’acciaieria l’Italsider che prima era del governo italiano poi è passata ad un privato e i privati spesso e volentieri pensano ai comodi loro senza il rispetto della gente che abita in quel posto. Purtroppo questa è stata sempre una terra dove è stato fatto scempio. “Terra di conquista” tratta anche di un aspetto positivo: diventa “Terra di conquista” con le parole e con la musica, conquistare questa terra significa risvegliare le coscienze delle persone; immedesimati un attimo nei miei panni: vivo qui e c’è questa centrale enorme di cui nessuno parla che provoca 2100 morti all’anno di tumore a causa delle emissioni cancerogene 24 ore su 24, specialmente di notte e quest’industria è attaccata alla città e per chi nasce in questa città con questo mostro affianco arriva a 18-19 anni e non si rende conto di cos’ha di fianco e crede sia normale. Per cui “Terra di conquista” significa proprio questo, riprendersi un attimo quello che è il nostro territorio e quanto meno rendersi conto di come è stato ridotto da speculazioni e personaggi, che purtroppo ancora continuano ad essere impuniti; considera che 2100 morti all’anno di tumore sono un danno enorme che noi subiamo, significa 300.000 persone esposte quotidianamente a questo rischio senza che nessuno apra bocca e senza che ci sia un ministro della salute che dica: “questa gente và tutelata…vanno rispettati questi bambini perché sono uguali ai bambini di tante altre città dove magari ci sono parchi, verde, ecc.”. Quindi io in quel disco ho voluto fare una forte denuncia a tutto quello che è la realtà di questa grossa città. Mi auguro di non parlare sempre e solo della mia città ma voglio far fare attenzione a queste cose, uso il Reggae perché il Reggae è un genere che io amo: è diretto e piace a tutti, ai vecchi ai bambini. A me piace cantare le mie canzoni dove c’è gente coi capelli bianchi che canta, o bambini piccoli che salgono sul palco, è una cosa bellissima. Cerco sempre nei miei testi di trattare delle nostre radici e non di trattare di modelli esterni, uso il Reggae perché è bella la musica, perché è un linguaggio che è comprensibile da chiunque, puoi essere di qualsiasi stato e nazione. Usare il Reggae per scimmiottare questioni che non ti appartengono, mi sembra una cosa… (non la critico) che deve far riflettere un po’ tutti, perché noi abbiamo una storia lunghissima, dobbiamo metterci dentro il “nostro” sennò perdiamo di vista le nostre cose e le nostre conquiste fatte in tanti anni. Quindi credo che sia più giusto parlare delle nostre radici, della nostra storia e delle nostre problematiche e gioie.
MR: Tu usi le basi della Reggae music per esprimere questi argomenti, come è stato il passaggio, dal Punk al Reggae? ( abbiamo letto che suonavi con una band Punk ).
FG: Sì, da quando ho 12 anni ho sempre suonato Punk, ora ho smesso per ovvi motivi, perché mi dedico al Reggae a tempo pieno. In realtà molta gente può avermi criticato per questo passaggio e molta altra ha detto: “beh Guido sono contento che tu non hai muri nella musica”. Per me è stato un passaggio del tutto indolore, sono maturato passando dal Punk al Reggae, perché ho sempre ascoltato il Reggae e non vedo tanta differenza nei contenuti e nei messaggi che trasmettono questi due generi. I due generi nascono con una cosa comune di fondo: andare contro al capitale e andare contro a babilonia, se pensi capitale e babilonia sono più o meno la stessa cosa, capitalismo e babilonia (com’è interpretata dai rasta) rappresentano la stessa cosa. La spinta è sempre ribelle, quella di andare contro agli schemi già impostati che ti vengono imposti, a partire dalla scuola per arrivare alla televisione. Questi generi nascono tutti e due dalla strada. Quindi come prima mi poteva capitare di scrivere un pezzo Punk, ora con la stessa semplicità, scrivo un pezzo reggae nel mio dialetto ma credo che il Reggae sia più efficace. Quando suonavo con gli “S.F.C.” si cantava spesso in inglese e questo fatto era un po’ limitante per la comunicazione tranne nei momenti in cui finivano le canzoni e spesso si parlava con la gente. Sono contento di aver messo anima e corpo nella musica Reggae anche perché la porto avanti da solo e quindi mi dà tante soddisfazioni.
MR: Ti chiediamo un ultima cosa: puoi fare un saluto a tutti i Naufraghi (i nostri ascoltatori) dell’Isola di Mr.Robinson?
FG: Ti ringrazio Mr.Robinson, e faccio un saluto di cuore a tutti i ragazzi che ascoltano l’Isola di Mr.Robinson, ti ringrazio tanto anche per la pazienza che avete avuto ad ascoltare quello che avevo da dirvi, a presto, ciao!